Associazione Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo

Un itinerario pasquale. Salmo 23 (22)

Quest’anno l’annuncio pasquale della risurrezione del Signore Gesù ha rischiarato le tenebre di una notte concreta e ben determinata: tutto ciò che stiamo vivendo a motivo del contagio da Covid-19.

Per vivere con fede, con speranza, con amore questo tempo difficile, possiamo pregare il salmo 23 (22), nel quale il buon pastore ci conduce ai pascoli della vita guidandoci nel giusto cammino, persino attraverso una valle oscura.

Se non il più conosciuto, il Salmo 23 è certamente uno dei salmi più noti. Splendido per la bellezza delle immagini, la loro intensità poetica, per la sua incisiva brevità. Attribuito anticamente a Davide, il re pastore, risente in maniera determinante dell’ambiente geografico, lavorativo, sociale e culturale della terra d’Israele. L’autore – un pellegrino? un levita? – ha grande abilità letteraria, perché descrive evocando, senza entrare nel particolare: una pennellata illumina un’intera scena.

 

“Il Signore è il mio pastore”

Il salmo si apre in modo lapidario quanto assoluto: Il Signore è il mio pastore! L’espressione è un’attestazione libera e serena della fiducia dell’orante: il Signore, e non altri né altro, guida il mio cammino; alle spalle si intravede una scelta matura e perseverante, rinnovata più volte. Si deve sapere che nella tradizione orientale, a differenza di altri luoghi, il pastore delle pecore precede il gregge: è lui che individua e segna il cammino per le pecore, evita loro i pericoli dei predatori, le conduce verso luoghi di riposo e di nutrimento. Esse devono solo mettere i loro passi nelle orme di chi le ha precedute mentre costui non ha alcun privilegio né gli viene risparmiata alcuna fatica: condivide in tutto e per tutto l’esperienza delle pecore. La sua azione è in una duplice direzione: preserva dal male e, soprattutto, procura del bene facendo crescere, educando. Chi così opera è degno di fiducia, può davvero essere la guida per una vita intera!

Ma questa fiducia non è banalmente posta, superficialmente consegnata. Non è elaborata a tavolino o a seguito di chissà quali riflessioni teoretiche. Nasce dalla storia e dall’esperienza concreta. L’immagine della valle oscura, mutuata forse da un percorso notturno, perché la calura soffocante renderebbe il cammino durante il giorno eccessivamente faticoso, testimonia un mondo tutt’altro che bucolico o disincarnato. Chi scrive conosce il rischio a cui si è esposti, sa che la morte può non essere lontana, il nemico può aggredire quando meno lo si attende, la vita può finire in un attimo e che tutto venga perso.

 

“Ungi di olio il mio capo”

Invece, proprio a partire dalla consapevolezza della propria fragilità e dell’insidia a cui si è esposti continuamente, quest’uomo ha fatto l’esperienza di essere ritemprato, nutrito e custodito. L’olio con cui viene frizionato il suo corpo gli ritempra i muscoli e lo protegge dalla calura del sole, la coppa traboccante gli estingue la sete, la tenda lo protegge e lo ripara.

Questo fa sì che il nostro orante possa sperare in modo sicuro che i suoi compagni di viaggio – e qui l’esperienza lavorativa si trasfigura naturalmente in quella più globalmente esistenziale – saranno bontà e fedeltà, i due principali attributi di Dio. Per tutto il resto della vita. Aprendosi addirittura a una speranza di comunione più forte della morte, eterna quanto la dimora stessa del Signore. Niente gli mancherà, seppure nella tribolazione (cf. Mc 10,30).

 

“Tu sei con me”

La rilettura cristiana ha facilmente e quasi naturalmente visto nel buon/bel pastore di Gv 10,1-18 una realizzazione storica stupefacente del protagonista del salmo così come ha trovato nell’acqua a cui è condotto il gregge, nella mensa e nella coppa offerte, e nell’olio con cui è unto il capo del fedele, un’allusione al battesimo, all’eucaristia e alla confermazione, dunque ai sacramenti pasquali, in un itinerario completo di iniziazione spirituale. La tematica del cammino pericoloso, esposto a rischi e fatiche, sia nella solitudine che nella compagnia di altri, è stato ampiamente riletto come simbolico del cammino sia individuale che ecclesiale di ogni credente.

Un salmo dunque breve, dove ci viene detto per quale ragione possiamo avere fiducia in un pastore che guida e protegge i suoi compagni; un testo che non nasconde nulla della serietà e della durezza della vita ma che, proprio per questo, diviene affidabile e può sostenere l’intera esistenza. È da notare, infine, che a livello letterario – viene qui testimoniata la maestria dell’autore – il centro di tutto il salmo è l’espressione tu sei con me! Qualsiasi sarà il dipanarsi delle vicende personali e collettive, storiche e più profonde, la certezza è quella di non essere soli: una perla da “ruminare” per la nostra preghiera del cuore, tanto più in questa ora così difficile, nella quale molti giungono a sospettare che Dio ci abbia abbandonato. La Pasqua di Gesù torna invece a rassicurarci. Tu sei con me! Egli è con noi e, anche se per una selva oscura, ci conduce comunque ai pascoli e alle acque della vita.

 

fr. Andrea Oltolina