Associazione Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo

Il primato della Parola

Affermare il primato della Parola non significa dire che basta la Parola, tanto più se per Paro­la si intende la Sacra Scrittura, cosa che per altro il mio discorso privilegerà. Significa che la Parola non può mai essere assente, né ridotta a corollario, co­me un abbellimento. La Parola è il seme che genera l'albero, così come si ricava dal ca­pitolo 6 della Dei Verbum, in particolare al n. 21.

La Scrittura deve entrare - e non come supporto marginale, ma come struttura fondamentale - in tutte le espressio­ni della vita della comunità: la liturgia, la teologia, la predicazione e la catechesi, la meditazione. Dun­que, usi diversi della Scrittura, ciascuno nel rispetto del suo proprio metodo; è solo in una molteplicità di usi che la Scrittura trova la possibilità di svolgere la sua funzione di «vigore e sostegno». Usi moltepli­ci che via via coinvolgono soggetti diversi: gli esegeti, i teologi, i predicatori, i catechisti, il magistero, i fedeli.

Colpiscono due affermazioni di Dei Verbum n. 22: «È ne­cessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura»; «La parola di Dio deve essere a disposi­zione di tutti in ogni tempo». Queste due affermazioni non parlano di libera scelta, di opzioni pasto­rali, ma di scelte assolutamente necessarie[1].

 

Parola di Dio e Scrittura

Parola di Dio nel linguaggio biblico e cristiano può applicarsi a realtà differenti, però prive di profonde analogie fra loro. Parola di Dio è la creazione: il cielo e la terra narrano la gloria di Dio, si legge nel Salmo 19. Parola di Dio è la rivelazione di Dio al suo popolo: una rivelazione fatta di gesti e di parole. Parola di Dio è Gesù Cristo, Parola da sempre presso Dio (Gv 1,1), Parola fatta carne (Gv 1,14). Parola di Dio è la predicazione del vangelo che avviene nella chiesa, parola di Dio è la Scrittura, l'insieme degli scritti nei quali si è sedimentala la rivelazione di Dio.

Un passo biblico che sintetizza i molti aspetti dell’intero cammino della Paiola è il prologo della Lettera agli Ebrei (1,1-3): «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. La Parola discende da una gratuita e libera iniziativa di Dio stesso («Dio ha parlato»): la Parola che Dio rivolge all’uomo è un puro dono della sua grazia. La Bibbia a si serve di diverse locuzioni per esprimere il manifestarsi di Dio, ma la più frequente è la Parola («Dio ha parlalo»). Per la Bibbia Dio lo si può ascoltare, non vedere. L’atteggiamento fondamentale dell'uo­mo davanti a Dio è l'ascolto (Dt 6,4). Sottolinea­re che Dio ha parlato non significa sottovalutare la sua azione nella storia. Dio parla e agisce. Parola e azione sono intimamente collegate. Tanto più che il termine ebraico (tradotto comunemente come parola) può anche significare cosa o fatto. Per la Bibbia la parola è insieme noetica e dinamica, agisce e interpreta. La parola che Dio comunica all’uomo è atemporale, né immediatamente rivolta a ciascuno, ma storica e meditata: Dio ha parlato in tempi determinati e conclusi (il verbo “parlare” è al tempo aoristo: Eb 1,1-2) attraverso dei mediatori (i profeti e il Figlio). E si tratta di una parola pubblica, rivolta ai padri e a noi, non un sapere segreto e riservato. Dio ha parlato “molte volte” e in “molte maniere”: diversi sono I tempi e le circostanze, diversi gli strumenti espressivi e i mediatori, tuttavia la parola di Dio è profondamente unitaria. È sempre il medesimo Dio che parla, e le molte volte e le molte maniere sono frammenti complementari di un unico discorso, incamminato verso un compimento che è il «Figlio». Le molte parole della rivelazione antica si unificano e trovano II loro senso definitivo nell'ultima e conclusiva Parola: «la Parola fatta car­ne» (Gv 1.14).

Fin qui il prologo della Lettera agli Ebrei. Se allarghiamo il discorso all’intera Bibbia, allora si comprende che Dio parla per manifestare sé stesso: “Così saprete che io sono il Signore” (Es 10,2). La prima direzione della Parola è teologica. Dio interviene e parla non soltanto per farsi conoscere, ma per salvare. La seconda direzione della parola di Dio la salvezza. La terza direzione è la legge: con la sua parola Dio manifesta a Israele la sua volontà. Infine, la quarta direzione della Parola è la promessa. Gesti e parole di Dio sono sempre aperti sul futuro. La Bibbia ripete spesso che la parola di Dio è fedele: mantiene sempre ciò che promette.

 

L’esperienza della Parola

Per riconoscere concretamente l'importanza del­la Parola non bastano i testi amorevoli che lo dicono né i passi biblici che lo testimoniano. Occorre farne l’esperienza nella propria vita e nella propria attività evangelizzatrice. Occorre sperimentarne l'efficacia, la forza di discernimento, la capacità di raggiungere l'uomo, la sorprendente novità nel parlare di Dio.

Occorre anzitutto recuperare fiducia nella forza della Parola. Non è vero che gli uomini sono stan­chi di parole: stanchi di parole vuote, ma non di parole vere, non della parola di Dio. Il Figlio di Dio è venuto fra noi, ha condiviso la nostra esistenza, ha amato e servito, ha donato se stesso. Ma volendo riassumere in un solo termine il significato di Gesù, come vedremo meglio più avanti. Giovanni ha scel­to il termine “Parola”: «In principio era la Parola» (Gv 1,1) e «la Parola si fece carne» (Gv 1.14) e “nar­razione” del Padre (cf. Gv 1,18).

La parola di Dio ha un’efficacia tutta particola­re, unica, che nessun'altra parola può vantare. Isaia (55,10-11) la paragona alla neve e alla pioggia: scende sulla terra e non risale al ciclo senza aver prima irrigato e fecondato. Ma è un'efficacia che l'uomo non può programmare: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (ls 55,8). L’efficacia della Parola è libera, tutta nelle mani di Dio, non nelle previsioni dell’uomo. È un'efficacia da accogliere, da riconoscere, non da progettare e pretendete. I tempi e le modalità sono di Dio.

La stessa idea è suggerita dalle parabole evangeliche del seme. La parola di Dio è come un seme, e il seme ha i suoi tempi. La sua efficacia è sicura, prodigiosa, ma nascosta. Germina sotto la terra, quando il contadino è inattivo. Le parole degli uomini non sono mai semi, ma alberi fatti. L’uomo vuole progettare: perciò definisce prima i tempi e i modi, l'uomo desidera che si realizzi ciò che lui pretende. La parola di Dio è diversa: è libera, misurata sulla grandezza della fantasia di Dio, non sui progetti previsti (e prevedibili) degli uomini. La parola di Dio libera l’uomo che l’accoglie, non lo imprigiona in uno schema già definito. E libera il seminatore che la semina dal fare calcoli e progetti e previsioni. Il seminatore deve solo assicurarsi che il seme sia buono, che la parola da annunciare sia di Dio e non sua. Non deve fare altro.

La parola di Dio ha una capacità di discernimento che altre parole non hanno. È parola lucida e sincera. Si legge nella Lettera agli Ebrei (4,12): «La pa­rola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giuntu­re e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore». Le parole degli uomini dicono ciò che vogliono, non sempre hanno il coraggio della verità. A volte sono parole conniventi. La parola di Dio mai. Non si possono discernere i segni di Dio, né nella propria vita né nella storia, senza la luce della Parola.

La parola di Dio conosce l’uomo, le sue profonde aspirazioni, le sue esperienze: è come uno specchio cui possiamo guardarci e riconoscerci. Anche in questa direzione le pagine bibliche sono ineguaglia­bili e non cessano di sorprendere. Persino Gesù si è specchiato nella Parola delle Scritture. Sulla croce - nel momento più significativo, unico, della sua esperienza - non è ricorso a parole nuove per esprimersi, ma a parole già proclamate e ascoltate nella sinagoga e lette nei testi del suo popolo: i salmi. La parola di Dio è l’unica che sia davvero in grado di parlarci di Dio. È lo specchio di Dio, non solo del­l'uomo. Per questo è una Parola «sempre nuova», che non stanca mai, perché il suo orizzonte non è mai esaurito. Parola che affascina, capace di aiutarci a intravedere non soltanto la volontà, ma anche la bellezza di Dio. E questo è ciò che conta. Se voglia­mo rifare, come si ripete oggi, il tessuto lacerato delle nostre comunità - lacerate perché indebolite e con­fuse nella fede - e se vogliamo evangelizzare e fare nuova evangelizzazione non si può che iniziare dalla Parola.

 


[1] Sull'argomento rimando al commento alla Dei Verbum: Impara a conoscere il volto di Dio nelle parole di Dio, Edizioni Messaggero, Padova 2001.

 

Don Bruno Maggioni